La nostra storia, le nostre tradizioni...una Donna è Trieste
Buona giornata a tutti voi.
Mi prendo licenza di sforare il limite temporale imposto nel gruppo, che comunque resta tassativo, perché questo blog tratta un fatto accaduto in questi ultimi giorni.
Ma forse anche no, forse non ho sforato perché le righe che seguiranno toccheranno inevitabilmente anche la nostra atavica Storia.
Forse vi meraviglierà il titolo del blog ma se arriverete fino al termine allora capirete il perché.
Come sono strane le coincidenze, anche quelle cronologiche.
Difatti il giorno 23 maggio, data infausta per noi che cerchiamo di onorare la verità storica e la vera identità delle nostre genti, ho assistito nel pomeriggio, presso la Scuola Media Inferiore (ora secondaria di primo grado) Mario Codermatz a Trieste, ad un saggio di fine anno scolastico.
Prima di proseguire vorrei fare una piccola modesta considerazione biografica sulla persona a cui è stata intitolata la Scuola, ovvero Mario Codermatz.
Già, ma chi era costui ?
Mario Codermatz nasce a Trieste nel 1914, e già questo per lui non fu un buon inizio. L'anno era quello dell'inizio della Grande Guerra e a Trieste, città di fatto e di diritto asburgica, la guerra iniziò proprio in quell'anno; Trieste come primo grande centro delle retro linee, ne risentì pesantemente quindi, anche l'infanzia del bambinetto Mario non sarà stata molto tranquilla come si addice ad un infante.
Terminata la guerra Trieste, come tutti i territori ex asburgici, viene conquistata e passa sotto il dominio del Regno d'Italia.
Trascorsi gli anni degli studi propedeutici a quelli superiori, Mario Codermatz si iscrive alla facoltà di Farmacia dell'università di Padova e si arruola volontario nel 1933 come allievo ufficiale di complemento negli alpini.
Nel 1934 riceve la nomina a sottotenente di complemento e viene assegnato al 2° reggimento alpini. Trattenuto sotto le armi viene inviato come volontario a combattere in Africa Orientale Italiana (AOI).
Prese parte a vari conflitti e si coprì sempre di onore ma la sorte per lui era segnata.
Nel marzo del 1941, in una sanguinosa battaglia presso il Passo Mardà in Somalia, nonostante gravemente ferito continuò il suo compito fino a che non venne colpito a morte.
Gli fu insignita la medaglia d'oro al valor militare. Con tutto il dovuto rispetto e chinando umilmente il capo verso chi la propria vita immolò per ciò in cui credeva, voglio considerare ciò che gli avvenimenti dalla fine della grande guerra hanno portato al nostro eroe - e lo dico in tutta sincerità - come a molti altri cittadini conquistati ed a tutto il nostro territorio.
Nasce nel 1914 all'inizio della grande guerra e muore a 37 anni durante una guerra che l' Italia aveva scatenato per assicurarsi "un posto al sole".
Non dico altro ...
Ma riprendiamo il discorso iniziato poc'anzi.
Dicevo che sono stato spettatore di un emozionante spettacolo tenuto dagli allievi di quella scuola, citata poco fa, come conclusione dell'anno di studi.
Lo spettacolo era impostato principalmente sulla musica sia strumentale che corale ed anche "danzerina", ma non è mancata una "chicca" per la quale ho desiderato buttare giù queste righe. Verso la fine dell'intrattenimento la professoressa di lettere ha presentato il gruppo di ragazzi con i quali aveva preparato, durante l'attività extrascolastica, un simpatico ed emozionante lavoro.
Presentandolo, la docente, ha richiamato la necessità di aprirsi verso l'altro, verso il nostro vicino cercando di costruire ponti e non muri.
Giusto, anche se queste cose noi, originari di queste terre, le abbiamo sempre fatte costruendo ponti ed abbattendo muri, come fece Maria Teresa demolendo le mura della città vecchia per crearne una nuova e più grande, aperta a tutte le etnie, religioni e culture, e gettando ponti con collegamenti mercantili e circolazione di persone e beni da gran parte del mondo, questo almeno fino al novembre 1918.
Il lavoro elaborato dai ragazzi è stato molto suggestivo.
Hanno presentato quattro liriche di poeti e scrittori delle nostre terre o che qui hanno vissuto e lavorato: un estratto da "Il mio paese" di B. Pangerc; un pezzo da "Trieste, una donna", poesia di Umberto Saba; un pezzo tratto dal romanzo "Ulisse" di James Joyce ed una lirica in lingua slovena di Alenka Rebula dedicata alla figura femminile, tratto da un suo saggio intitolato "La Primavera dell'anima".
Ed è proprio questa ultima lirica che di più mi ha emozionato forse perchè non ne conoscevo nè l'autrice, nè il lavoro.
Ovviamente per non appesantire il blog riporto solo alcune strofe di "La Grazia delle Donne"; però, per coloro che desiderassero leggere interamente il testo originale in sloveno e la traduzione in italiano, rimando ai seguenti link:
Versione slovena:
Versione italiana:
(3a sessione del libro - Capitolo "Una femminilità segreta" - Poesia: "La Grazia delle Donne")
“La Primavera dell’anima”
... ossia: "La grazia delle donne"
Ecco, come detto, riporto parte del testo in sloveno e la traduzione tratta direttamente dal saggio sopra descritto.
Forse il tutto presenterà qualche imperfezione o qualche omissione che, data la mia ignoranza linguistica, spero mi perdonerete.
Poezija
Avtor: Alenka Rebula
Blagor ženskam,
ki znajo hoditi kot vile,
zemlja lahko zadiha
pod njihovimi stopali.
Blagor ženskam,
ki znajo zaslutiti nevarnost,
izginiti v temi,
da jih sovražnik ne najde.
Blagor ženskam,
ki živijo v žitnem polju
in žanjejo dobre misli
za kruh,
ki tolaži človeška srca.
.....
Testo in italiano come riportato dall'autrice nel suo lavoro:
La grazia delle donne.
Beate le donne
piene di grazia e serene
con passo di fata risvegliano la vita
e il respiro della terra.
Beate le donne
che vivono nei campi verdi di grano
coltivando pensieri felici
per quel pane materno
che conforta i cuori.
Beate le donne
in fuga dal nemico
come rondini migrano verso l'azzurro sud,
via dal gelo odio
per partorire al sole.
.....
Ma la cosa che mi ha emozionato di più e che mi ha fatto spellare le mani per gli applausi è stato il fatto che per ogni verso di ogni poesia recitata in italiano c'era l'immediata recitazione tradotta in lingua slovena, e quella in sloveno tradotta, strofa per strofa, in italiano con grande partecipazione emotiva dei ragazzi.
Purtroppo non ero preparato ad una recita così particolare e forse unica nel suo genere, ma anche se lo fossi stato non avrei potuto registrare in ossequio alla privacy ed al diritto d'immagine e, quindi, molte cose mi sono sfuggite.
Facendo ricerche però qualcosa sono riuscito a tirar fuori.
È stata una bella iniziativa che rallegra i nostri cuori al pensiero che in qualche scuola triestina ci siano ancora dei bei momenti di apertura alla nostra millennaria cultura.
Ho trovato questa cosa molto più significativa di tutte le raccomandazioni retoriche di cui in questi tempi siamo ormai assuefatti.
Purtroppo tra il pubblico c’era ancora qualcuno che storceva il naso nel sentire altri idiomi diversi dall’italiano; evidentemente questo "qualcuno" non conosce la storia delle nostre zone e dei nostri avi altrimenti ne sarebbe stato contento.
A dire il vero anch'io sono rimasto un po' deluso ma verso me stesso, verso la mia profonda ignoranza linguistica, anche perchè ...
... oltrettutto ... “Knowing two or three languages is better than knowing just one”
Il lavoro che quel pomeriggio questi ragazzi assieme alla loro insegnante hanno portato avanti contro gli odi di razza, di genere, con le femminofobie che purtroppo sono all'ordine del giorno, hanno fatto molto di più dei pomposi discorsi degli illuminati di turno.
Un vivo complimento alla Scuola Codermatz di Trieste per questa apertura in momenti non proprio felici e tolleranti.
La nostra cultura
Ringrazio gli amici/amiche che mi hanno supportato linguisticamente e letterariamente ... non faccio i nomi ma loro sanno ...