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L’IDENTITA’… tra il vecchio ed il nuovo


Si stanno avvicinando le giornate delle festività e delle commemorazioni di fine ottobe e di inizio novembre. Da molte parti si stanno già preparando i festeggiamenti per ricordare la "seconda redenzione di Trieste".

Come già più volte spiegato per me la parola REDENZIONE ha un significato ben diverso da quello che si vuol far intendere. Come, del resto, anche il neologismo IRREDENTISMO coniato dal concittadino M.R. Imbriani per ovii motivi.

Volevo pubblicare questo post/blog proprio il giorno della festa del nostro santo patrono ma visti i movimenti già in atto ho pensato di pubblicarlo prima.

Voglio ancora una volta sottilineare che il nostro gruppo e conseguentemente tutti i post o gli articoli che vengono resi pubblici sul sito e sul gruppo stesso non sono contro nessuno, non sono antiitaliani, come qualcuno vorrebbe far credere, non sono antislavi o antitedeschi essi sono semplicemente a favore della vera storia della nostra Trieste e di tutti i territori di cui il gruppo parla, che ancora a più di cento anni dalla fine della grande guerra, viene raccontata in modo assolutamente di parte ignorando volutamente la verità dei fatti.

Forse sono andato fuori limiti temporali del gruppo, mi scuso con gli amici, spero non mi rimproverino ma... lo sentivo profondamente.

Era l'inizio di novembre nel 1918 e Trieste, nonostante la fame, la carestia e l'imperversare dell'epidemia della Spagnola, come ogni anno si accingeva a festeggiare il suo patrono: San Giusto.

Giusto visse ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Sarebbe stato martirizzato nel 290 o nel 303. Giusto viveva ad Aquileia e la sua fede era ben nota ai concittadini. Quando giunse l’ordine di convincere i cristiani ad abiurare la loro fede, si rifiutò e fu tra i primi ad essere imprigionato. Il prefetto Manazio lo sottopose ad atroci tormenti, senza riuscire a piegarne la volontà. Mai egli avrebbe sacrificato agli dei pagani. Il supplizio durò parecchi giorni, fino a che Manazio non decise di condannarlo a morte.

Venne annegato nella cosiddetta "sacchetta" a Trieste il 2 di novembre ed il suo sacrificio e la sua consacrazione alla città di Trieste viene ricordata il giorno 3, giorno in cui venne ritrovata la sua salma.

Trieste si apprestava a ricordare il suo Santo Protettore ben consapevole che da li a pochi giorni la "Trieste felix" non esisterà più.

Infatti il giorno 4 di novembre la città verrà conquistata dal Regio Esercito Italiano e da li a pochi lustri dopo verrà cancellata anche la sua secolare identità, la sua memoria storica..

Dopo quattro anni di dura guerra spesso fratricida, e tra le disattese aspettative di parte della popolazione - quella favorevole all'annessione italiana -, Trieste vedrà tramontare la sua gloriosa storia asburgica che nel corso di più di 500 fece della città un importante punto di riferimento del mondo mitteleuropeo gravitante attorno al bacino danubiano, come centro commerciale e mercantile, culturale, letterario aperto a tutte le etnie, religioni, culture.

Unico nel suo genere in tutto il Mediterraneo basteranno meno di dieci anni perchè tutto ciò venisse dimenticato, dimenticato anche dai libri di scuola.

Tutto questo ci indìce a delle riflessioni che di anno in anno diventano sempre più certezze.

- Perchè a più di cent'anni di distanza dalla fine della Prima Guerra Mondiale e con il cambiamento degli assetti geopolitici nelle nostre zone - quelle appartenenti per secoli all'impero Austriaco - nonostante il risciacquo delle popolazioni residenti c'è ancora un senso di nostalgia verso quella che fu fino al 1918 la vera appartenenza delle genti di queste terre? La sua vera identità?

- Perchè c'è ancora parte della popolazione che rimpiange quello che era definito il "Barbaro Straniero" o il famigerato "CeccoBeppe" ?

- Perchè c'è ancora della gente che ricorda con tristezza e con un senso di repulsione l'arrivo del cacciatorpediniere "Audace" - definito ancora dai locali come "quella maledetta barca" - e ricorda tristemente la discesa prepotente sul molo San Carlo del Gen. Carlo Petiti di Roreto che con voce autorevole dichiarò:

“In nome di Sua Maestà il Re d'Italia prendo possesso della città di Trieste”. ?

Di recente un amico, originario del sud dell’Italia, mi chiese:

<< Ma tu ti senti italiano? >>

Non risposi... non risposi perché non sapevo cosa rispondere.

Anagraficamente avrei dovuto dirgli di no perché essendo nato nel 1949 a Trieste, la città allora era un’entità statuaria indipendente, un cuscinetto creato dal Trattato di Pace alla fine della Seconda Guerra Mondiale da interporre ai blocchi Ovest – Est, quindi non era Italia e tale situazione, creata dal suddetto trattato, permane tuttora quantunque ignorata ai fini giuridici.

Inoltre il 90% dei miei antenati erano nati in territorio austriaco, la loro madre patria.

Sentimentalmente, fino a qualche anno fa, gli avrei forse risposto anche si ma ora sono molto interdetto sul dare una risposta seria e determinata.

Quello che è accaduto in questi cento anni non ha lasciato certamente dei buoni propositi morali e concreti per una completa e desiderata appartenenza identitaria ad una nazione che comunque, e la storia non si può negare, è entrata in tutte queste terre a “gamba tesa”.

Poi, quando cambi modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano e la storia che fin a poco tempo fa ci è stata raccontata è stata assolutamente di parte...già perchè la storia la scrivono i vincitori ma la leggono tutti ed ognuno poi la interpreta con la propria testa, almeno fintanto che non ci verranno sostituiti i neuroni.

Che stiamo vivendo un periodo “sociale” non particolarmente felice ormai se ne siamo resi conto.

Non solamente in Italia, di cui volenti o nolenti, Trieste, seppure provvisoriamente - ma come ben si sa le cose provvisorie con l’andare del tempo diventano, ahinoi, definitive - è parte integrante, ma anche in tutta Europa e oserei dire in tutto il mondo il clima sociale e politico non è dei migliori.

L’Italia, in particolare, sta vivendo in prima persona questo cambio epocale determinato da un flusso migratorio al suo interno che mai si era visto di tal portata, ed una incertezza politica che dà poco spazio alle più rosee previsioni.

Trieste, poi, posta all’estremo lembo del nord-est dello stivale italico, confine tra l’occidente ed i paesi dell’est - almeno come lo intendevamo fino a pochi anni orsono - è diventata anch’essa una porta d’accesso per le migliaia di disperati che vengono nel “paese del bengodi” in cerca di fortuna e di vita migliore.

Molti di loro, specialmente quelli provenienti dalla cosiddetta rotta balcanica, fuggono da guerre e carestie con famiglie, bimbi e donne al seguito e ben si è disposti all'accoglienza tipica del nostro DNA ma, viceversa, troppi giovani uomini in assoluto ed eclatante benessere psicofisico, soli, con le donne lasciate nelle loro terre, con necessità ormonali delle quali è inutile parlarne, per lo più ex militari o comunque addestrati ad una vita pericolosa diventano schiavi di una falsa promessa di benessere, vengono invogliati a rischiare a caro prezzo la vita per poi divenire a loro volta schiavi di un sistema studiato ad hoc per allargare ancor di più la forbice tra la ricchezza e la povertà.

La storia, di schiavitù ce ne aveva parlato abbondantemente raccontando le tristi vicissitudini, di coloro che dall’Africa venivano prepotentemente tratti verso il nuovo continente americano. Pensavamo che fosse una storia finita, invece non solo è continuata ma è ricominciata con il proposito tristemente evidente: ovvero la sostituzione etnica come già molte altre popolazioni hanno subito e continuano a subire e noi di questo qualcosa conosciamo.

Ora, questa storia si ripete anche a casa nostra e la tratta degli schiavi, con il placet della politica europea e del nuovo corso della chiesa, investe profondamente il nostro continente.

Inevitabilmente questi nuovi arrivati, illusi di trovare ciò che gli era stato promesso, per sopravvivere devono assolutamente ricercare altri sistemi che sono per lo più fuori dalle norme di comune convivenza che fin a poco tempo fa regolavano la nostra vita, quando addirittura non scelgono altri comportamenti per lo più fuori legge come il facile spaccio di sostanze o lo sfruttamento della prostituzione e il tutto condito da una mancanza assoluta del rispetto della vita umana che per molti di questi nostri “nuovi ospiti” ha un valore pari a zero.

Le cronache di tutti i giorni ce lo raccontano e non più tardi di un paio di settimane fa anche Trieste, considerata isola felice, ne è stata coinvolta.

Ormai ci siamo dentro.

Trieste città civile, di pluricentenaria tradizione di accoglienza è stata duramente scossa con il tragico evento dell'uccisione di due poliziotti, giovani ragazzi, che all'interno della Questura, svolgevano il loro servizio di tutela della cittadinanza e che all'interno della stessa Questura sono stati "freddati" da un cittadino colombiano ospite, con o in attesa di permesso di soggiorno, probabilmente psicolabile ma con una ottima conoscenza dell'uso delle armi e soprattutto con una sprezzante considerazione della vita umana.

Beh, noi a Trieste siamo stati abituati a tollerare comportamenti un po' al disopra delle righe, non per niente è normale dire di noi che: "se no i xe mati no li volemo" oppure sappiamo altrettanto bene il significato dell'altro modo di dire "triestin mezo ladro e mezo assassin" che stava a significare che nella Trieste Teresiana e Giuseppina potevano approdare anche "gentiluomini" di non specchiate virtù, ma una cosa del genere ha superato ogni più triste immaginazione.

Ma in tutta questa storia, ed ecco il perché delle domande iniziali, c’è una cosa che mi ha lasciato esterrefatto ed interdetto ed è una dichiarazione di un personaggio pubblico nostrano durante un’intervista nella mattinata dei solenni funerali dei due giovani poliziotti fatta ad una emittente locale.

Va spiegato, innanzitutto, che le esequie si sono svolte con particolare solennità nella Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo (per i triestini "doc" detto Sant'Antonio Nuovo); va inoltre spiegato a quanti non conoscono la storia di Trieste degli anni 1940 in poi, che quella chiesa fu teatro, nel 1954, di manifestazioni anti GMA (Governo Militare Alleato) o se vogliamo filo-italiane contro l'allora presenza nel territorio delle truppe vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, come si diceva a tutela di una città strategicamente importante per l'assetto geopolitico del momento. Manifestazioni molto gravi che causarono oltre a morti e feriti, anche l’invasione da parte della Polizia Civile all'interno della chiesa con agenti a cavallo e con camionette.

La chiesa fu immediatamente sconsacrata dall’allora Vescovo Antonio Santin e venne poi solennemente riconsacrata.

Questo l'antefatto

Il nostro personaggio pubblico, di cui sopra, ha fatto, secondo il mio modesto avviso, un azzardo storico nel paragonare la notevole presenza di cittadini alla cerimonia funebre dei due agenti di polizia, cittadini di una Trieste aperta e profondamente colpita dall'accaduto al di là delle personali convinzioni politiche o di appartenenza, con la presenza di altrettanta popolazione alla cerimonia di riconsacrazione del tempio dichiarando che, anche in quei tragici momenti di lotta, quasi di guerra civile, sono stati sacrificati dei giovani che lottavano per la ricongiunzione della città di Trieste alla madre patria.

Qui appare evidente la strumentalizzazione politica, in un contesto nel quale la politica doveva assolutamente rimanere estranea se non altro per un senso di buon gusto visto che è proprio la politica a causare situazioni del genere; ma il ribadire ancora una volta una posizione chiaramente improntata su ideologie e nazionalismi ormai desueti e che nulla avevano a che fare con il manifestato cordoglio della cittadinanza per il tragico evento proprio non ci stava.

Ma non è un caso isolato.

Ancora si continua ad istillare nel cervello della gente messaggi subliminali fuorvianti la vera storia di questa città che tutto è stata meno che storicamente italiana.

Italiana lo è diventata per conquista il 3 e 4 novembre 1918 quando il Generale Carlo Petiti di Roreto ha preso "possesso" della città diventandone governatore per nome e per conto del Re d'Italia.

Prima di quella data la Madre Patria di Trieste era l'Austria.

Nel 1954 la maggior parte dei cittadini triestini autoctoni era nata in una Trieste di fatto e di diritto austriaca. Un'altra parte della popolazione, invece, era proveniente da altre regioni italiane, importata per mettere in atto quella, seppur blanda - ma nenche tanto - sostituzione etnica di queste terre.

Trieste era asburgica, lo era da più di 500 anni, e come tale aperta a tutte le etnie, culture e fedi religiose. Vi si parlava la lingua italiana, quella slava, quella tedesca, quella ungherese e quella di qualunque altra minoranza presente in questo territorio.

Questa è storia, anzi STORIA.

E quindi mi domando qual'è la nostra vera identità? Quella di secoli di cultura e tradizioni o quella imposta dai trattati di pace? o quella che ancora dovremmo conoscere?

Povera Trieste ...


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