THE SHOW MUST GO ON
11 ottobre 2020, anno del Covid19
L’autunno è iniziato ormai da un bel po’ e, lentamente, ci stiamo avviando verso quello che dovrebbe essere il periodo più bello e sereno dell’anno.
A Trieste, come è ormai tradizione ultradecennale, nel periodo che ruota attorno alla seconda domenica di ottobre - giornata clou - si sarebbe dovuta svolgere anche quest'anno come da tradizione, la gara velica denominata “Coppa d’Autunno” o meglio conosciuta come “Barcolana”.
Nonostante l'imperversare dei contagi da Covid19, la macchina dei preparativi per questa straordinaria festa del mare era attiva da giorni.
Bellissima manifestazione questa, che mette in risalto le bellezze naturalistiche ed architettoniche di questa particolare città. Kermesse che attira, in questo estremo sinus dell’alto adriatico, migliaia di imbarcazioni provenienti da ogni dove e che, i più fortunati, potendo ormeggiare le loro imbarcazioni lungo le rive possono godere della bellissima vista della lunga sfilata di palazzi ottocenteschi che dal Canal Grande fino alla Sacchetta fanno da “quinta” alla spettacolare visione della Piazza dell’Unità (per noi piazza Grande), unica piazza in Europa, di tale dimensione aperta sul mare; sugli altri tre lati della piazza fanno bella mostra di se i più bei edifici - sempre di epoca asburgica - che il salotto buono di Trieste possa offrire ai suoi ospiti.
Avevo preparato questo post convinto che, nonostante la crisi pandemica, la regata e la festa popolare ad essa correlata, seppur con certe limitazioni, si sarebbe svolta egualmente ma così non è stato.
E’ stata una Barcolana insolita, anzi a parte qualche piccola manifestazione o qualche sporadico spettacolo, il punto culminante ossia la gara velica è stata, e lo apprendo mentre sto scrivendo. Decisione presa per la prima volta in assoluto in 52 anni di vita: barcolana annullata causa condizioni atmosferiche eccezionalmente avverse. Bora Scura in aumento con un minimo barico proprio al centro del golfo che richiama folate (refoli) di vento di bora unitamente a temporali e temperature al di sotto della media e non certo tipiche della seconda metà di ottobre, concomitanze pericolosissime per questo genere di “Match Race”. Tutto ciò ha indotto gli organizzatori a dare "forfait". Inoltre quest’anno la sta facendo da padrone il Covid19 che già dall'inizio della grande festa ne ha limitato lo svolgimento, poi annullato, alla sola gara domenicale e qualche piccolo spettacolo di contorno.
Questa volta il “the show must go on”, almeno per quanto riguarda la barcolana, ha dovuto cedere il passo al maltempo e al morbo.
Pazienza se ne riparlerà nel 2021.
Brutto anno questo bisestile 2020, e non solo a casa nostra - anche se ormai siamo abituati a situazioni quantomeno discutibili - ma per l’intera comunità internazionale.
Cambi climatici, guerre piccole e meno piccole ma molto diffuse, terrorismo, migrazioni epocali di popolazioni che fuggono non si sa bene da cosa ma di sicuro dalla miseria del “terzo mondo” che noi paesi industrializzati e ricchi di risorse non siamo stati capaci a debellare e, come il cacio sui maccheroni, non ultima la pandemia da Corona Virus o SARS-CoV-2 come viene altrimenti definita.
L’aggravarsi negli ultimi giorni dei contagi anche per effetto di un aumento dei controlli tramite tampone ha costretto le autorità sanitarie ad imporre nuove e più pesanti restrizioni che ci rimandano indietro di mesi; purtroppo l’insano comportamento di cittadini poco responsabili va a discapito anche di coloro che le regole le osservano.
Ma pur sempre la vita deve andare avanti nonostante le difficoltà che questo “Annus Horribilis” ci ha elargito. L’inizio della stagione autunnale non è stato prodigo di benessere, di rinascita economica, di ripresa della vita normale anzi, i problemi che ci sta lasciando in eredità saranno molti e non potremmo avvalerci del “beneficio d’inventario” dovremo invece rimboccarci le maniche ed affrontare i mesi che verranno “a muso duro”.
Ma questi sono anche momenti dell’anno in cui ci si prepara a festeggiare le ricorrenze di novembre, di Natale e fine d’anno.
PANEM ET CIRCENSES
…ammoniva Giovenale nelle sue “Satire”:
«[...] [populus] duas tantum res anxius optat panem et circenses»
«[...] [il popolo] due sole cose ansiosamente desidera:pane e giochi circensi»
…quindi avanti con gli allestimenti delle luminarie per addobbare, entro gli inizi di novembre, le vie del centro, con gli alberi di Natale nel salotto buono della città, bancarelle, luci, lucette e musica in ogni luogo caratteristico di Trieste, con incitamento alla frequentazione più assidua possibile del centro storico e dei rioni in generale per incrementare i consumi. Così il popolo dimenticherà i problemi, darà fondo alle entrate delle tredicesime - per chi avrà la fortuna di averla la tredicesima - e poi ci ritroveremo, ahimè, all’inizio dell’anno venturo con gli stessi problemi forse, Dio non lo voglia, aggravati.
Il poeta latino ci vedeva bene ed anche lontano: … panem et circenses, dicevamo:
...”per estensione, la locuzione è stata poi usata, soprattutto in funzione critica, per definire l'azione politica di singoli o gruppi di potere volta ad attrarre e mantenere il consenso popolare mediante l'organizzazione di spettacoli e attività ludiche collettive come le terme, o ancor più specificatamente a distogliere l'attenzione dei cittadini dalla vita politica, in modo da lasciarla alle élite”... (cfr. Wikipedia)
ma tutto sommato ci sta, non possiamo chiuderci in una campana di vetro, non è possibile anche perché con queste ed altre situazioni simili dovremmo imparare a conviverci.
Ma si stanno avvicinando anche le giornate delle commemorazioni di fine ottobre e di inizio novembre.
Da molte parti si stanno già preparando le iniziative per ricordare i giorni delle cosiddette prima e seconda “redenzione”.
Come già più volte spiegato per me la parola Redenzione ha un significato ben diverso da quello che si vuol far intendere, come del resto anche il neologismo Irredentismo coniato da M.R. Imbriani.
” […] Il nuovo Regno esisteva, e catturava la simpatia della classe elevata di Trieste. Il problema era dovuto al fatto che questa classe elevata, in gran parte ebraica, non veniva presa in grande considerazione ai vertici dell’Impero, non si avevano ministri, né generali o ammiragli provenienti da Trieste. Perciò questa classe elevata pensò che con l’Italia la situazione potesse cambiare. Riunita nel nuovo Partito nazional-liberale, si insediò al governo della città, e nel periodo 1870-1881 trasformò Trieste da “Città Fedelissima dell’Impero” a città oppressa, schiava, irredenta e vittima della tirannia austriaca inventando questo termine di origine religiosa, quasi blasfemo, perché la redenzione presume l’esistenza di un peccato commesso - si pensi alla redenzione di Maria Maddalena o di Violetta Valery - e non il fatto di stare in una nazione invece che in un'altra”
(cfr. Le opere di Antonio Smareglia-capitolo Intermezzo, pag. 180 – di Paolo Petronio – edizioni Zecchini Editore)
^^^
Volevo anche quest’anno pubblicare questo post/blog il 3 novembre, il giorno della festa del nostro Santo patrono ma, considerato l’andamento di quest’anno malefico, ho deciso di anticipare.
Desidero, però, ancora una volta sottolineare che il nostro gruppo e conseguentemente tutti i post o gli articoli che vengono resi pubblici sul sito e sul gruppo stesso non sono contro nessuno, non sono anti italiani, come qualcuno vorrebbe far credere, non sono antislavi o antitedeschi essi sono semplicemente a favore della vera storia della nostra città, Trieste, e di tutti i territori di cui il gruppo parla, che ancora a più di cento anni dalla fine della grande guerra, viene raccontata in modo assolutamente di parte ignorando volutamente la verità dei fatti.
Ovviamente la storia la scrivono i vincitori ed i perdenti la subiscono, ma ultimamente qualche voce esce dal coro.
Anche questa volta sono andato fuori limiti temporali del gruppo, mi scuso con gli amici, spero non mi rimproverino ma... lo sentivo profondamente.
Ma, come dicevamo ci stiamo avvicinando al periodo più toccante per la storia della nostra città, delle nostre terre, oltre che alla festa del nostro Santo patrono.
Però prima di arrivare alla storia di San Giusto dobbiamo soffermarci brevemente su ciò che accadde qualche tempo prima del quella giornata nel lontano, ma non troppo, 1918 e mi riferisco al 28, 29 e 30 di ottobre ed ai primi giorni di novembre.
Non voglio addentrarmi nella specificità della storia della fine della Grande Guerra e della capitolazione degli Imperi Centrali che, nonostante l’opera di avvicinamento verso gli avversari al fine di ottenere una cessazione del conflitto da parte dell’imperatore Carlo I avvenne, in seguito alla sconfitta subita nella battaglia di Vittorio Veneto, con la richiesta da parte dell’Austria-Ungheria agli Alleati di iniziare delle trattative per l’armistizio.
Il 28 ottobre del 1918, nell’ultima seduta del Parlamento di Vienna l’Impero si dissolse;
il 29 ottobre l’Imperatore, rinunciando al titolo di “Signore di Trieste”, concesse la libertà alla città e dette ordine all’esercito di ritirarsi;
Il 30 ottobre 1918 anche l' imperial regio Luogotenente in Trieste e nel Litorale Dr. Barone de Fries-Skene ricevuto l’ordine di abbandonare l’incarico, da perfetto gentiluomo, si accomiatò dalla città con queste parole:
31 Ottobre 1918 Agli abitanti di Trieste!
I riguardi dovuti alla situazione generale mi costringono in seguito ad ordine superiore di abbandonare quest’oggi Trieste e di trasferire per ora la sede dell’i.r. Luogotenenza a Graz. Le aziende dell’amministrazione della città verranno affidate al comitato sorto dalla cittadinanza. Io invito la popolazione di Trieste a conservare in questi tempi difficili la quiete e l’ordine e ad evitare che la città, che ha già tanto gravemente sofferto causa la guerra, non abbia a sopportare alla voglia della pace nuovi e sensibili danni. Per quasi quattro anni io ed i funzionari da me dipendenti eravamo onestamente e con tutte le migliori nostre forze intenti a lenire a seconda delle intenzioni dell’Augustissimo nostro Imperatore e Signore, le sofferenze della guerra e di limitare per quanto mai possibile i sacrifici della guerra imposti alla popolazione. Al momento della mia partenza vorrei esprimere in uno ai miei più fervidi voti per l’avvenire della città, il mio convincimento che Trieste, la quale da più di 5 secoli si univa per libera elezione all’Austria e che in stretta unione a questa divenne un potente emporio commerciale, non può trovare in seguito uno sviluppo degno del suo passato, altro che in un nesso, scelto di propria volontà ed assieme ad un retroterra ad essa congiunto per natura e per la storia, il quale ormai s’avvia ad una nuova forma statale.
Trieste, 31 ottobre 1918
Di Sua Maestà I. R. Apostolica consigliere intimo eff. ed i. r. Luogotenente in Trieste e nel Litorale Dr. Barone de Fries-Skene
Indi, dopo che tutte le forze austriache abbandonarono la città, l’amministrazione cittadina fu assunta da un comitato all’uopo sorto. Lo stesso comitato, a bordo di una torpediniera ex-austriaca, presa in prestito, battente bandiera del nuovo Regno serbo-croato-sloveno, si recò a Venezia ad avvisare le forze italiane che la città era libera e senza padrone e, quindi, poteva essere occupata con estrema facilità.
E il 3 novembre 1918 arrivò l’Italia.
Unità navali approdarono al molo San Carlo e, dall’incrociatore Audace, scese il generale Carlo Petiti di Roreto; egli sbarcò e battendo il piede sul suolo appena conquistato dalle forze del Regno d’Italia, ma formalmente ancora Austro-Ungarico, con protervia ed arroganza dichiarò:
“In nome di Sua Maestà il Re d'Italia prendo possesso della città di Trieste”.
Due storie, due stili profondamente diversi.
- Il primo, barbaro oppressore, si accomiata dalla città raccomandando ai cittadini di mantenere la quiete e l’ordine, seguire con prosperità ciò che per cinque secoli la città seppe conquistarsi: ricchezza economica, cultura, tolleranza.
- Il secondo, liberatore degli oppressi cittadini, per secoli sotto il giogo del barbaro tiranno, si presenta con superbia ed arroganza ed in nome di Sua Maestà il Re d’Italia, prende possesso di un altro territorio che, con giochi diplomatici e con imprese belliche non certo tutte da manuale, annette al neonato Regno d’Italia.
Ciò che accadrà dopo, non solo nei decenni successivi ma anche nelle giornate successive, sarà quanto meno esecrabile; il comportamento repressivo che il governatore mise in atto in nome del Re d’Italia,onde impedire ai novelli italiani liberati dal giogo dello straniero di ribellarsi ai nuovi padroni, si commenta da solo.
Ecco queste sono le cose che “NOI DELLE VECCHIE PROVINCE” desidera ricordare assieme al ricordo del Infanterieregiment n° 97, intitolato a Freiherr von Waldstätten, che con un contingente di almeno 3.500 uomini, tutti originari delle Vecchie Province, il pomeriggio dell’11 agosto 1914 - già perchè a Triest la prima guerra mondiale inizò nel 1914 e non nel 1915 come nel resto delle penisola italiana - partì alla volta del fronte orientale; pochi ritornarono e molti furono dimenticati per tanto, troppo tempo.
Il ricordo di coloro che versarono il sangue a causa di una guerra definita “Inutile Strage” è uguale per tutti, qualsiasi sia stato il colore della loro divisa, ma questi ragazzi vestivano quella austro-ungarica perché la loro patria era l’Austria e mi fermo qui.
nella foto: il manifesto con cui la Provincia Autonoma di Trento, Il Museo Storico Italiano della Grande Guerra e la Fondazione Museo Storico del Trentino, hanno reso pubblica la programmazione di una serie di iniziative, che si sono tenute tra il 12 ed il 18 ottobre 2019, in occasione della “Giornata per ricordare le vittime ed i caduti trentini della Grande Guerra”
La giornata del 14 ottobre, istituita con la legge provinciale 11/2017 n. 11, è stata commemorata con la deposizione di una corona al Sacrario militare presso il Cimitero Monumentale di Trento, e con una tavola rotonda presso il Museo Storico Italiano della Grande Guerra di Rovereto, dove è ospitato il Memoriale dei caduti trentini che dovrebbe aver trovato collocazione definitiva nel Sacrario Militare di Casteldante a Rovereto.
^^^
Adesso è giunto il momento di onorare il nostro Santo patrono.
Era l'inizio di novembre nel 1918 e Trieste, nonostante la fame, la carestia e l'imperversare dell'epidemia della Spagnola, come ogni anno si accingeva a festeggiare il suo patrono: San Giusto.
Giusto visse ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Sarebbe stato martirizzato nel 290 o nel 303. Giusto viveva ad Aquileia e la sua fede era ben nota ai concittadini. Quando giunse l’ordine di convincere i cristiani ad abiurare la loro fede, si rifiutò e fu tra i primi ad essere imprigionato. Il prefetto Manazio lo sottopose ad atroci tormenti, senza riuscire a piegarne la volontà. Mai egli avrebbe sacrificato agli dei pagani. Il supplizio durò parecchi giorni, fino a che Manazio non decise di condannarlo a morte.
Venne annegato nella cosiddetta "sacchetta" a Trieste il 2 di novembre ed il suo sacrificio e la sua consacrazione alla città di Trieste viene ricordata il giorno 3, giorno in cui venne ritrovata la sua salma.
Nel 1918 Trieste si apprestava a ricordare il suo Santo Protettore ben consapevole che da li a pochi giorni la "Trieste felix" non esisterà più.
Infatti il giorno 4 di novembre la città verrà conquistata dal Regio Esercito Italiano e da li a pochi lustri dopo verrà cancellata anche la sua secolare identità, la sua memoria storica..
Dopo quattro anni di dura guerra spesso fratricida, e tra le disattese aspettative di parte della popolazione - quella favorevole all'annessione italiana -, Trieste vedrà tramontare la sua gloriosa storia asburgica che nel corso di più di 500 anni fece della città un importante punto di riferimento del mondo mitteleuropeo gravitante attorno al bacino danubiano, come centro commerciale e mercantile, culturale, letterario aperto a tutte le etnie, religioni, culture.
Unico nel suo genere in tutto il Mediterraneo basteranno meno di dieci anni perché tutto ciò venisse dimenticato, dimenticato anche dai libri di scuola.
Salvo errori&omissioni
Auguro a tutti buone cose ma soprattutto tanta salute.
Comentários