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NOI DELLE VECCHIE PROVINCE: - rimembranze


Oggi, 21 novembre, ricorrono 102 anni dalla morte del “Nostro Signor Imperator” Francesco Giuseppe

Francesco Giuseppe I d'Austria, ovvero Franz Joseph I von Österreich,

nacque a Vienna il 18 agosto del 1830 e morì a Vienna il 21 novembre 1916. Salì al trono giovanissimo in seguito all’abdicazione dello zio paterno Ferdinando I ed alla rinuncia del padre Franz Carl e venne incoronato Imperatore nel dicembre del 1848.

Regnò 68 anni, attraversando molteplici crisi che investirono il suo enorme impero compresa quella Ungherese dalla quale, nel 1867, per strategie politiche ma anche per l’intercessione dell’Imperatrice Elisabetta, nacque la Duplice Monarchia ovvero:

“k.u.k. Doppelmonarchie (kaiserliche und königliche Doppelmonarchie)

divenendo così Imperatore d’Austria e Re Apostolico di Ungheria assieme alla sua legittima consorte.

Personaggio storico molto discusso ha, comunque nel bene e nel male, segnato la storia della seconda metà del XVIII secolo ed i primi anni del XIX secolo.

Molto amato ma anche molto controverso, se non apertamente odiato, soleva definirsi il “primo impiegato dello Stato” e a questo impegno ha sacrificato tutta la sua vita di uomo.

Alla notizia dell’assassinio della sua amata “Sisi” pare avesse pronunciato la famosa frase:

«Nulla mi è stato risparmiato su questa terra».

Dell’Imperatrice era profondamente innamorato e non ebbe altra consorte se non Lei e, appunto, da una sua biografia desidero estrapolare alcuni passi che sono particolarmente suggestivi per questo giorno di memoria.

Tratti dal volume:

“Sissi, l’ultima imperatrice” di Annabella Cabiati, edito da “edizioni Anordest” 2010, che consiglio di leggere in quanto molto interessante anche per l’argomento della numerologia di cui Elisabetta era affascinata, riporto alcuni passi del capitolo 25 e l’epilogo:

- Dal capitolo 25:

“...I viennesi non amano e non hanno mai amato Elisabetta come lei non ha mai amato loro.

Francesco Giuseppe, nonostante il grande dolore, le è sopravvissuto diciannove anni. La sua tempra eccezionale gli ha permesso di seppellire sua madre, una piccola bimba, sua moglie e il suo unico figlio maschio restando impavido al suo posto e, pur vessato da tutti questi lutti (ndr: anche il fratello minore Massimiliano ucciso in Messico, fucilato a Queretaro), sembra una vecchia quercia che resiste strenua: le sue radici affondano in profondità e la Dama Bianca (ndr: leggenda che aleggiava sugli Asburgo) sembra divertirsi a mietere tutti i suoi affetti lasciandolo lì, da solo, lui che odia la solitudine, ad affrontare la disgregazione di quell’impero per il quale aveva sacrificato tutta la sua vita.

Anche Katharina Schratt gli viene meno. Non è più la donna briosa e allegra di un tempo che sapeva intrattenerlo facendolo ridere fino alle lacrime. Invecchiare non le fa bene allo spirito e il vizio del gioco la dilania e le fa dissipare somme enormi al tavolo da gioco della Riviera Francese, debiti che subito l’imperatore provvede a ripianare.

Francesco Giuseppe intanto resiste incatenato alla sua scrivania, lottando contro l’impossibile e tentando di cristallizzare il divenire della storia.

- Epilogo:

“… la sognò tutta la notte la sua Sissi, o almeno così gli parve perché i sogni sono fallaci e scolorano al primo albeggiare.

E quando si svegliò era stordito, barcollante e dolorosamente conscio di essere ancora in questo mondo.

Poco dopo, seduto alla sua scrivania, Francesco Giuseppe guardava contrariato i due medici di corte armeggiare intorno a lui. Tutta colpa di Valeria che, seduta in disparte, lo fissava con occhi preoccupati: è lei che li ha chiamati ed è lei che gli sta facendo perdere tempo.

Sentì i medici parlottare fra loro e spiegare poi a sua figlia che la causa delle febbre del sovrano doveva addebitarsi a un’affezione delle vie respiratorie.

Forse polmonite?

Poi si rivolsero a lui e gli suggerirono di rimettersi a letto: il riposo gli avrebbe fatto sicuramente bene, anzi era indispensabile!

Francesco Giuseppe liquidò tutti con poche parole e, con la caparbietà che lo caratterizzava, riprese a smistare i documenti che aveva dinnanzi: c’è una guerra in corso, l’hanno forse dimenticato?

La mattina dopo, mentre lo aiutavano a vestirsi, ebbe un capogiro. Il medico, che lo fissava con occhi straniti, lo costrinse a misurarsi la febbre. La temperatura era salita ancora rispetto al giorno prima.

Vide i valletti scrutarlo con curiosità e capì che non vedevano l’ora di andare a spettegolare per il palazzo.

A corte, tutti parlavano dell’indisposizione del sovrano. Da tempo non stava più tanto bene. Ma la febbre? Quella era proprio una novità!

Francesco Giuseppe li congedò seccato e terminò di abbottonarsi la divisa da solo con dita tremanti.

Poi, strascinando i piedi, si recò alla scrivania dove il suo segretario lo attendeva per leggergli i bollettini di guerra. Ma era destino che non lo lasciassero lavorare in pace.

Bussarono alla porta e il volto arcigno del cappellano, che fingeva di sorridere, si profilò sull’uscio. Avanzò verso di lui annunciandogli con voce suadente che era lì per impartigli una speciale benedizione del Papa e, già che c’era, lo invitò anche a confessarsi e comunicarsi.

La febbre intanto continuava a salire.

Tutta la corte era in fermento e il ministro della Casa imperiale, andava su e giù per il salone impartendo ordini contradditori alla servitù. Si attendeva impotenti lo svolgersi degli eventi.

Maria Valeria pregava e aspettava l’arrivo di Gisella per condividere con lei i suoi timori.

Alle sette di sera riuscì a convincere suo padre ad andare a letto e a bere prima un po’ di brodo caldo.

L’imperatore, che si sentiva sempre più debole, questa volta non protestò e, obbediente come un bambino, si lasciò spogliare e mettere sotto le coltri: da anni ormai dormiva su di una semplice branda da campo per sentirsi più vicino ai suoi soldati.

Valeria lo baciò sulla fronte che scottava faticando a trattenere le lacrime.

< Svegliami alle tre e mezza, perché devo terminare un lavoro che non ho completato > mormorò il vecchio prendendole un braccio, per attirarla a sé.

Poi, come se avesse esaurito con quel gesto tutte le sue energie, lasciò la presa, abbassò le palpebre e scivolò nel sonno… e sognò la Dama Bianca che fluttuava ieratica verso di lui.

Lui tese le mani e si sentì lambire da una gran felicità.

Valeria, che lo vegliava, lo udì mormorare qualcosa.

Avvicinò la lampada per vederlo meglio: sul suo volto disteso aleggiava un sorriso e comprese che l’anima di suo padre se ne era andata.

Erano le 21:05 del 21 novembre 1916.

Era il 21 novembre di 102 anni fa e alle 21:05 un uomo se ne era andato.

Io non so se le cose siano andate proprio come viene raccontato in questa biografia dell’imperatrice Sissi ma mi va di immaginare che fossero proprio andate così.

La storia, la vita dell’uomo più importante dell’epoca che le vicende del mondo hanno voluto sacrificare alla ragion di stato si concludeva come una sorta di liberazione.

Un uomo, un imperatore, un re che dall’inizio della sua straordinaria avventura “storica” è stato bersaglio delle più drammatiche avversità dal 1848 da quando salì al trono fino a Prima Guerra Mondiale non ancora conclusa, la sorte gli ha riservato solamente preoccupazioni che egli ha cercato di gestire come si potevano gestire questioni di politica internazionale in quelli anni pieni di rigurgiti rivoluzionari.

Non di meno anche la sfera famigliare non lo ha risparmiato. Forse l’unico momento di felicità che poteva permettersi era quando si trovava a condividere la sua vita privata con il suo grande e unico amore, Elisabetta.

Per il resto, come si pensa ebbe a dire: “Nulla gli è stato risparmiato in questa vita”

Da parte del gruppo “Noi delle Vecchie Province” e mio personale un deferente pensiero ad un uomo che la storia ha voluto partecipe delle sue “follie”.

Trieste ricorda:

PS: consiglio vivamente la lettura di questa biografia Elisabettiana, è una delle molte, ma è particolare.


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