SE POTESSI ME NE ANDREI...
... NON SO DOVE, MA VIA DA QUI.
Sono passati ormai 100 anni dalla Conferenza di Parigi (gennaio 1919) e dal Trattato di Versailles (giugno 1919) incontri ed atti ufficiali che segnarono, oltre alla fine della Grande Guerra, anche la fine degli Imperi Centrali e con essi l'inevitabile fine delle Vecchie Province, e la costituzione di un nuovo scacchiere geopolitico europeo con la nascita di nuovi stati "etnicamente omogenei" sorti dallo smembramento delle vecchie realtà "multietniche" dell'Austria-Ungheria e della Turchia oltre al ridimensionamento della potenza germanica.
(cfr. Wikipedia)
Ora, io non voglio, ma soprattutto non posso, addentrarmi nei meandri tecnici di questi avvenimenti poichè non essendo uno storico certamente sbaglierei.
Posso pur tuttavia come cittadino di una delle terre che maggiormente ha sofferto in termini di vite umane, in termini di contrapposizioni sociali, politiche, etniche che tutt'ora permangono, esprimere le mie considerazione e trarre, con molta modestia, le mie considerazioni sui risultati prodotti da ciò che tali trattati, che siglarono la fine di un conflitto considerato ancora il più catastrofico tra tutti i conflitti, hanno determinato per tutto il corso del XX secolo e gli inizi di questo XXI secolo.
Per chi non è di queste zone, che non conosce la storia di Trieste, di Gorizia, del Litorale Austriaco, dell'Istria, del Carso triestino e sloveno, e più in generale di tutti quei territori già appartenuti di fatto e di diritto all'Austria e successivamente all'impero Austro-Ungarico, non è facile capire i sentimenti che ancora, nonostante il tanto tempo trascorso ed il conseguente susseguirsi generazionale, permangono negli animi di chi queste cose le ha vissute in prima persona (ormai pochissime, ma ce ne sono ancora) o per sentito parlare in famiglia.
Qualcuno, fuori da questi confini, forse la storia, quella scevra da retorica e nazionalismo, l'ha studiata ed allora qualcosa riesce almeno ad immaginare.
Scriveva Biagio Marin ... - poeta e scrittore italiano nato in territori allora appartenenti all'Impero austro-ungarico (ndr. italiano (?)... ma se uno è nato in territori appartenenti di fatto e di diritto all'austria-ungheria non dovrebbe essere per forza considerato cittadino austriaco?) che all'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria, nel 1915, passò il confine e si arruolò con l'esercito italiano - ... alla vigilia della cosiddetta seconda redenzione del 1954:
“Trieste è felice stasera.
Celebra con trasporto la sua futura sventura.
Perché tutte le volte che questa nostra città si è concessa con sconfinato entusiasmo all’Italia amata,
ha sùbito imboccato la triste strada della decadenza.
Noi eravamo il gioiello dell’Impero di Maria Teresa e il porto dell’Austria.
Eravamo la rosa profumata degli Asburgo.
Con l’Italia saremo un piccolo fòndaco gestito in modo sbrigativo dai burocratici e diventeremo una società strozzata e
rassegnata di facili guadagni e di indomabili nostalgie.
Oggi è cominciato il nostro tramonto.”
Ottobre, 1954
Ebbe a pentirsene poi il poeta della scelta fatta in giovane età. Si rese conto che ciò che si aspettava dall'emancipazione dal "giogo" austriaco era solamente una pia illusione perchè dal 1919 in poi queste terre, come anche il resto d'Italia e dell'Europa tutta, vedranno cose che non si sarebbero mai immaginate.
Tra il 1918 al 1919, la Regia Marina Italiana ed in parte il Regio Esercito Italiano, avevano già cominciato a nazionalizzare in termini italiani un territorio che per tradizione era multietnico e multiculturale chiudendo centinaia di scuole croate, slovene e tutte le scuole tedesche.
Poi arrivò il fascismo e Mussolini proseguì italianizzando i nostri nonni e genitori, e nel 1927 cambiando i cognomi che erano sloveni, croati, tedeschi ed addirittura in alcuni casi, anche friulani obbligando poi, pena anche vessazioni fisiche talora violente, l'uso esclusivo della lingua italiana. Ecco che il germe dell'odio iniziò ad entrare negli animi di gente che fino ad allora viveva in pace, e molti se ne andorono sostituiti da altri importati da lontane regioni della penisola.
Cancellare le culture dei popoli e dei territori è un crimine che si chiama “Etnocidio”. Quando l’etnocidio si ottiene con le migrazioni forzate, si può tranquillamente parlare di "Genocidio", senza scordare che gli italiani versarono direttamente e copiosamente, il sangue dei popoli che intendevano italianizzare. (cfr. dalla pagina FB "Vota Franz Vive").
Inizia così il periodo buio delle nostre terre che vedrà l'instaurarsi della dittatura fascista che inevitabilmente farà crescere l'odio tra le etnie da sempre residenti in questo lembo dell'ormai defunto litorale austriaco. Poi il nazismo, le leggi razziali, la guerra, l'occupazione dell'esercito Jugoslavo con mire espansionistiche, quindi la creazione dello stato cuscinetto del Territorio Libero di Trieste ed infine la cosiddetta seconda redenzione con l'affidamento al governo italiano della gestione provvisoria del TLT come previsto dal Trattato di Parigi del 1947 ma ancora non formalizzato come tale. Sono questi gli accadimenti che ci porteranno nel secondo cinquantennio del XX secolo che vedrà, si, il boom economico nell'Italia del dopoguerra ma che vedrà anche una Trieste spogliata di gran parte delle sue realtà commerciali ed industriali che ne avevano contrassegnato l'esistenza fino alla conclusione del primo conflitto mondiale.
Certamente non faceva comodo all'Italia, in un periodo caratterizzato dalla guerra fredda, all'estremo Nord-Est delle zone da poco, seppur provvisoriamente, riconquistate, avere attività industriali, fabbriche e cantieri navali che potessero far gola ad eventuali rivendicazioni del blocco dell'Est ma soprattutto che potessero far concorrenza alle grandi città mercantili dislocate lungo le coste italiane dell'Adriatico. E così Trieste si trova ancora una volta una città dimenticata e mal gestita che porterà lentamente un calo nella produzione, negli investimenti e nell'occupazione.
Seguiranno anni oscuri, quelli delle lotte armate politiche, delle Brigate Rosse, dei Nuclei Armati Rivoluzionari, della lotta alle mafie ed ai suoi capi, degli attentati terroristici, dei rapimenti, degli assassinii di esponenti della vita politica e di magistrati onesti, di malgoverni che ci porteranno poi alla soglia del terzo millennio più disarmati che mai.
Il terzo millennio poi si apre ancora più negativamente di quanto si era chiuso il precedente. Crisi internazionali mettono a dura prova anche le nostre terre, la crisi economica innescata da nefasti eventi a livello globale tocca anche Trieste già pesantemente provata da un cattivo governo da parte di un'amministrazione che, comunque per diritto internazionale, continua a restare provvisoria.
Si acuisce l'odio sociale e non si stempera affatto l'odio etnico che il "ventennio" aveva dato vita. Le giornate del "ricordo" e della "memoria" che dovrebbero ricordare le brutture provocate dalla guerra e dagli odi razziali alimentano, invece, contrapposizioni etniche che ancor di più vengono fomentate da improvvide esternazioni di politici poco diplomatici.
La contrapposizione tra cittadini di cultura italiana e quelli di cultura slovena invece di ammorbidirsi nel tempo si rinvigorisce con alterne manifestazioni in ricordo dei fatti ignobili avvenuti nel periodo del ventennio a scapito delle popolazioni slovene e poi nell'immediato dopoguerra, come vendetta, a scapito degli italiani da parte dei partigiani, la maggior parte dei quali di ispirazione jugoslavo comunista, ma che, purtroppo, colpì anche gli stessi sloveni moderati, cristiani e cattolici osservanti sotto il peso della dittatura titina; e molti, molti altri oltre a quelli che già se ne andarono durante il ventennio, emigrarono all'estero.
Il tempo in cui viviamo certamente non favorisce una visione ottimistica del futuro, crisi occupazionali, antagonismi politici, mancanza di ideali, mancanza di rispetto per l'altro non sono proprio gli ingredienti per una vita felicemente proiettata al futuro.
Qualcuno potrà controbattere a queste pessimistiche considerazione asserendo che almeno da più di 70 anni a questa parte non abbiamo avuto guerre. Non è completamente vero perchè di guerre tradizionali ce ne sono state anche alle nostre porte e di guerra moderna non tradizionale ce la siamo portata in casa con il terrorismo, per lo più di ispirazione religiosa ma non solo. Ogni qualvolta che apriamo un quotidiano o guardiamo un telegiornale è come leggere un bollettino di guerra: omicidi, femminicidi, stupri, droga, bullismo fanno ormai parte della nostra vita e purtroppo ci stiamo abituando.
Non avrei mai immaginato di arrivare all'età della pensione, periodo nel quale dopo una vita di lavoro ci si immagina di trascorrere il resto della propria esistenza in pace, tranquillità economica e sociale, vivendo questa "quarta età" serenamente in attesa del normale epilogo della propria esistenza, e invece ci si vede, ahimè, con il pensiero priettato verso altri lidi.
Andare, si ma dove?
In Albania, ad esempio.
Ci sono stato per motivi di lavoro alcuni anni orsono e ho visto una popolazione composta da molti giovani che, essendo da poco usciti da una dittatura, vedono in fondo al tunnel quella luce che qui non vediamo più. Certo sono ancora lontani dal benessere generalizzato ma ci sperano con ottimismo.
In Romania? perchè no?
Lì costo della vita è notevolmente inferiore al nostro come anche l'imposizione fiscale e poi la criminalità ridotta notevolmente perchè lì c'è la certezza della pena e poi perchè la delinquenza dell'Est si è tutta trasferita qui da noi dove c'è la certezza dell'impunità o quanto meno molto blanda.
Portogallo?
Beh questo è un classico. In Lusitania l'imposizione fiscale per i pensionati nei i primi 10 anni di permanenza è, per effetto di accordi internazionali, pari a zero; poi notevolmente più bassa che in Italia. La vita scorre a misura umana, non si è sottoposti a particolari stress esistenziali, il clima è salubre e il paese ricco di storia.
Ma ci sarebbe anche la Tunisia, il Marocco, Le Isole Canarie (Spagna), la Bulgaria e tanti altri ancora, paesi dove non si è tar-tassati, nazioni dove il cosidetto "welfare" esiste per davvero ed è soprattutto attento agli anziani, ai pensionati come ad esempio in Ungheria dove gli ultra 65enni (anche stranieri e turisti) viaggiano gratis su tutti i mezzi pubblici e possono frequentare le famosissime terme in maniera totalmente gratuita sempre che se ne ravvisi la necessità.
Sono solamente degli esempi, sono semplicemente dei sogni che ormai non dovrei più fare, e tali rimarranno.
Certo è che se avessi qualche anno in meno ma soprattutto non avessi legami famigliari che mi tengono affettivamente legato a questa mia amata Trieste non ci penserei su due volte ad andarmene.
Invece non mi rimane altro che sperare che le cose cambino in meglio, ma non ho molta fiducia.
Andare, si ma dove?
Non si può, bisogna rimanere e ...